Dal bozzetto al mosaico: l’interpretazione

Il percorso che porta alla realizzazione di un’opera d’arte a mosaico, è certamente lungo. Non tanto perché ci voglia molto tempo nella realizzazione del mosaico in sé (leggi quanta non-pazienza ci voglia), piuttosto perché i passaggi da un’idea alla stesura delle tessere non sono così prevedibili. Esiste una parte sofferta, dove fisso con veloci schizzi su carta (ossia scarabocchi incomprensibili) un concetto, una storia, un’impressione che voglio raccontare. Da questi inizio a produrre un bozzetto sempre più dettagliato e, già in questa fase, c’è una prima selezione: “Vale la pena davvero continuare questa strada?”, ” E se fosse invece così?”, “Ok, così ci siamo… però…”. I mille dubbi portano al disegno del bozzetto vero e proprio. Il bozzetto in realtà, è ancora una fase preliminare. Ora avviene il passaggio decisivo: bisogna rispondere alla fatidica domanda “Come verrà a mosaico?”. Il bello è che la risposta è sempre la stessa “E che ne so!”. Puoi infatti pensare e realizzare il mosaico più bello del mondo, ma se viene poi inserito nel contesto sbagliato, casca il palco (ma magari nel parlerò meglio altrove).
livio savioli bozzetto lottatori
Si comincia così a parlare di interpretazione, e qui le cose si fanno serie. Già, perché si comincia a ragionare sulle dimensioni che dovrà avere l’opera, in funzione delle dimensioni delle tessere, che sono in funzione del livello di dettaglio di particolari che voglio realizzare. Comincio a ragionare sugli andamenti e cioè come riprodurre le campiture di colore. Che tipo di colori usare: se smalti, oro, marmi, pietre, mattoni… tutto ciò che la mia martellina possa tagliare. Insomma: la parola “interpretazione” nasconde un mondo di scelte. Spesso le prendo con molta facilità, ma altre volte è una faticaccia. Questo bozzetto l’ho realizzato nel 2015. Quindi sono 5 anni che lo guardo, a volte in maniera più attenta, altre distrattamente (sicuramente accade più spesso). E ancora non riesco a prendere decisioni su tutti gli aspetti che ho citato prima. La cosa più semplice sarebbe buttarsi e provare. In questi casi si fa un campione così da verificare con mano come potrebbe essere  la realizzazione finale. Tuttavia le mie opere vivono di una certa immediatezza: hanno bisogno dei piccoli errori e dei piccoli ripensamenti. Sono quelle improvvisazioni sul tema che danno loro il mio senso di appartenenza. Ma ho bisogno di una visione, per quanto poco nitida, e in questo momento per quest’opera non ce l’ho. Forse semplicemente non è ancora il momento giusto per affrontarla, ma sono sicuro che verrà e sarà bellissimo.

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