Come ogni persona, da 4000 anni a ‘sta parte, sono affascinato dal rapporto che c’è fra caos e ordine. Ignorare o seguire le regole. È la stessa tensione che ritrovo in ogni opera di mosaico artistico che affronto.
Ricordo le tante discussioni affrontate con tanti amici sul tema: abbiamo o no bisogno di regole? È sufficiente il buon senso o l’istinto? Il sapere accademico è utile davvero, o è una costrizione per la tanto venerata creatività? Chiaramente, una risposta univoca e chiara, non credo ci sia. Persone sagge hanno già affrontato il tema molto meglio di me. Ma la discussione è affascinante, sempreché non ci si debba prima preoccupare dei pomodori che maturano nell’orto.
Io credo che conoscere le regole, e prima ancora, capirle, sia alla base di ogni tentativo di progressione. Un’altra faccenda è applicarle, ma alla base di tutto c’è la consapevolezza di quel che si sta facendo. E ora spiego cosa intendo.
Le regole sono noiose, ma se non le conosci, rischi di scoprire l’acqua calda
Una sera, si festeggiava l’inaugurazione di una mostra collettiva a cui partecipavo. Sono momenti di confronto interessanti che offrono sempre spunti importanti. Chiacchieravo con una persona, che mi raccontava di aver visto delle opere a mosaico di un’artista che usava non so quale materiale per le sue opere. In poche parole, usava lo stesso oggetto (facciamo finta fossero tappi di sughero, giusto per fare un esempio) applicandoli su una superficie per ricomporre qualcosa. Mi piaceva la meraviglia con la quale mi veniva raccontata la cosa. C’era un grande entusiasmo nel pensare, che usare materiali “strani” fosse l’avanguardia del mosaico. Poi chiesi a questa persona di definire cosa fosse mosaico e in cosa si differenzia rispetto, ad esempio a un collage o un’installazione o ad una scultura: non c’era chiarezza.
Non è sufficiente, per fare un mosaico, prendere dei materiali e riapiccicarli per formare un’immagine. Tra l’altro lo si faceva già in tempi non sospetti: uno fra i tanti esempi è “La caccia al leone” a Pella dove sono usati dei ciotoli. È una forma primitiva di mosaico, ma non può essere propriamente definito tale, perché no c’è l’uso di tessere tagliate e non ci sono veri e propri andamenti.
Non si può improvvisare sul nulla
Rubo questa citazione perché credo che, senza una base su cui pensar di fare anche solo una variazione, non si riesca a produrre alcunché. Penso semplicemente al ginnasta che deve fare un salto, o all’uccello che deve spiccare il volo. Hanno bisogno di avere qualcosa di solido sotto i piedi o le zampe, per far leva per lo spunto iniziale. L’ordine determinato dalle regole è quella base che permette la variazione, l’improvvisazione. In un orchestra jazz, se tutti improvvisassero simultaneamente, credo sarebbero lontani dal produrre qualcosa di piacevole o armonico: c’è sempre bisogno di un tappeto sottostante o di un momento di arrivo che ci dia un senso di equilibrio e prevedibilità.
Le sorprese piacciano, gli imprevisti no
Studiamo da sempre il mondo perché cambia continuamente sotto i nostri occhi. Il mutamento, sotto-sotto, ci infastidisce perché non è prevedibile. Abbiamo bisogno di sapere che la nostra routine rimane inviolata perché è faticoso riprogrammarci, re-inventarci e vogliamo fare affidamento su risorse sempre disponibili. Per questo cerchiamo continuamente regole per descrivere ciò che ci circonda: vogliamo sapere che, dopo il solstizio d’inverno, le giornate ricominciano ad allungarsi e possiamo pensare di tornare al mare da là a pochi mesi.
Perciò, nonostante siamo affascinati dal mistero e dall’exploit creativo, ciò che non possiamo prevedere ci urta. E tuttavia la ripetitività ci annoia. Ma quanto siamo complicati …
Le regole sono limiti, e presuppongono che ci sia altro
Il limite, il confine (tocca scomodare personaggi come Aristotele e Kant) non ha un’accezione solo negativa di ristrettezza e chiusura. Mi piace quando viene inteso anche come quel qualcosa che definisce e che fa presupporre che sia dell’altro, al di là di quel confine. Ignorare le regole, che sono ciò che determinano un qualcosa e ne definiscono i limiti, significa anche ignorare ciò che non è racchiuso da quei confini. Significa, dal mio punto di vista, ignorare che si può scavalcarle a proprio piacimento per scoprire nuovi orizzonti. Significa privarsi di nuove possibilità.
Per questo nei mei mosaici seguo le regole, spaccando con la martellina i materiali per produrre le tessere che comporranno le mie opere. Determino gli andamenti, che sono le guide per disporre le tessere. Ma non sono condizionato da queste regole in tutto e per tutto: sono la base su cui costruisco le mie variazioni. Sono il ritmo, l’ordine che sta alla base con il quale mi piace giocare, andare oltre per fare del linguaggio del mosaico il mio linguaggio.