Quanto spazio serve per muoversi?
Tessere, fughe e andamenti sono i tre ingredienti principali per la buona riuscita di un mosaico artistico (ne parlo più in generale in questo articolo). Fra questi la fuga merita un paio di riflessioni perché il suo ruolo non è così banale e scontato.
Innanzitutto la fuga è lo spazio fra una tessera e un’altra. È fisiologica e necessaria. Come per qualsiasi rivestimento (immaginiamoci un pavimento piastrellato), è quel cuscinetto che permette al materiale di fare quei micromovimenti, che altrimenti porterebbero a fessurazione o rotture. Permette una sorta di elasticità di espansione e contrazione dei materiali; ce la si può immaginare come la cartilagine presente nelle nostre giunture e quando non c’è, son dolori!
Varie superfici rivestite a mosaico.
Oltre a questa funzione, permette al mosaico di adattarsi pienamente alla superficie di supporto. Certo, su un muro o pannello perfettamente dritti, il problema è relativo. Ma immaginiamo di dover rivestire una cupola, una colonna o una statua. È indispensabile un po’ di spazio vuoto fra una tessera e un’altra per consentire al materiale di aderire alle curve.
Insomma: come alle persone, serve dello spazio attorno per potersi muovere, lo stesso vale per le tessere di un mosaico. Quanto difficile è raggiungere l’uscita in una metropolitana affollata?
Ora la domanda è: di quanto spazio vuoto abbiamo bisogno, per poterci muovere? Dobbiamo immaginarci come nomadi del deserto, o pendolari in un treno affollato?
Le due scuole di pensiero
Concentriamoci sul mosaico artistico. Qui individuo due scuole di pensiero: la prima tende ad annullare la fuga, considerandola elemento di disturbo. La seconda la esalta considerandola parte integrante dello svolgimento musivo.
Per il primo modo di pensare, i lati delle tessere devono essere sempre paralleli fra loro e lo spazio è ridotto al minimo. I vantaggi di questo approccio sono due:
1. I passaggi tonali dei colori delle tessere sono in continuità, perché non son interrotti dal colore della fuga.
2. La lettura dell’immagine riprodotta risulta facilitata. Infatti il taglio regolare delle tessere e la loro diposizione ordinata, evidenziano gli andamenti che ci permettono di interpretare correttamente il mosaico.
Una mia interpretazione di un ritratto di L. Freud, durante i miei studi alla Scuola Mosaicisti del Friuli.
Spesso questo modo di lavorare si usa quando il soggetto è un ritratto e si punta ad un risultato vicino al fotorealismo. Queste realizzazioni sono molto difficili perché serve una grande tecnica e capacità di taglio delle tessere. A volte, oltre all’uso della martellina, per tagliare il materiale, è necessario usare una mola per levigare i bordi delle tessere per farli combaciare perfettamente.
La fuga come "diversamente pieno"
L’altra corrente di pensiero è opposta: considera la fuga come parte integrante del mosaico e non si spaventa se viene evidenziata, anzi. In questo caso, lo spazio fra una tessera e l’altra non viene visto come elemento di disturbo, o spazio vuoto. Piuttosto la fuga è da intendersi come un “diversamente pieno” . E questa è la mia posizione.
Per capire meglio questo concetto, immaginiamo di dover fare una riga di tessere. Queste possono essere disposte in maniera regolare (prima scuola di pensiero) ma se proviamo a ruotare una tessera o due, magari adattandone un po’ le dimensioni, ecco accadere una magia: lo spazio che dedicavamo alla fuga prima, viene ridistribuito in maniera diversa e, come in un musica abbiamo pause più o meno lunghe fra una nota e l’altra, qui accade lo stesso. Possiamo cominciare a parlare di ritmo della composizione. Ecco che la fuga, da elemento di disturbo o di funzione puramente meccanica, diventa un qualcosa di attivo: è uno spazio diversamente pieno.
Questo modo di lavorare comporta due vantaggi:
1. Estetico: gli spazi più larghi fra tessera e tessera, permettono l’inserimento di colori terzi che arrichiscono la miscela di colore facendolo vibrare di più.
2. Pratico: permette un’esecuzione più veloce, perché è possibile tagliare tutto il materiale in anticipo per poi stenderlo in un secondo momento.
Dettaglio di una mia opera. In evidenza la disposizione delle tessere che lascia ampio spazio alla fuga.
Un altro aspetto importante è che, in questo modo, gli andamenti tendono a sparire, ad essere sottointesi perché non vengono più seguiti “alla lettera”. Le linee dell’andamento vengono continuamente interrotte da inserimenti di tessere.
Qui si comincia a lavorare sul delicato equilibrio fra caos e ordine (ne parlo qui). Qui mi trovo a mio agio e qui trovo un senso del mio lavoro.